mercoledì 27 maggio 2009

PER LUCIO, TRE MESI DOPO

Troppo poco.
E’ questo l’unico titolo, coscienti del suo essere ossimoro, che possiamo usare per ricordare qui dieci anni di amicizia con Lucio.
Troppo poco il tempo per conoscerci, troppo poche le cose fatte insieme rispetto a tutte quelle che avremmo voluto fare.
Tanto, invece, quanto ci legava. All’esterno e all’interno del nostro essere. All’esterno la passione per la “descrizione”: la descrizione di un luogo, di una emozione, ma anche la descrizione di uno stato d’animo, di un’idea.
Lucio aveva più strumenti di noi per “descrivere”: aveva la parola, scritta o detta, la fotografia, la musica.
La parola: quante volte i suoi scritti, sul nostro per, su Repubblica, e da ultimo nei siti internet che lo vedevano collaboratore e promotore, si son fatti leggere tutti d’un fiato, tanta era la sua capacità di tener desta l’attenzione del lettore, di aggiungere ricordi, citazioni, che più che impreziosire narrativamente i suoi racconti (la gioventù negli anni della ricostruzione postbellica, la frequentazione di tanti quartieri della città nel cambiare residenza) li rendono vivi, cronachistici, affrancandoli dal gusto della languida memoria, dal camminare con lo sguardo al passato, che, purtroppo, segna spesso il nostro dire (e fare). Per lui invece tutto era vivo, quotidiano, e destinato al futuro: le analisi dei luoghi (quanto abbiamo detto e scritto insieme su Piazza Indipendenza, sui cortili del Centro storico…), le storie umane (dei mendicanti come degli artisti, degli emarginati come dei protagonisti).
La fotografia, la passione che ci ha accomunato: non per stare a cincischiare di mezzo diaframma in più o in meno, di quanti megapixel avesse l’ultima macchina comprata. Ma per tutte quelle parole, (ancora la “parola”) che le sue fotografie pronunciavano, fossero immagini di strade, di luoghi, di cose, o di uomini, a cui i suoi scatti, appunto, davano la voce. Quel concetto di “scrivere con la luce” con cui può tradursi la parola fotografia.
La musica, i poeti cantautori, il jazz. Dai primi traeva frasi, espressioni, che quasi sembravano scritte proprio per descrivere le sue fotografie, dal secondo l’intensità, la coesione espressiva.

E un solo fortissimo filo, quasi una catena, ha legato, nella storia di Lucio, parola, fotografia, musica: l’idea. L’idea, lasciatecelo dire, sociale e socialista. Tutti i suoi scritti sono percorsi da una richiesta di “giustizia sociale”, sia che scrivesse della malasorte di un cimitero abbandonato che del disagio umano di un quartiere degradato, della memoria di una storia cittadina o della necessità di ordinare un vecchio archivio scomparso nelle pieghe della burocrazia.

Idea che si esprime, ancora oggi che tocca a noi adoperarle, nelle password che aveva scelto per i suoi collegamenti internet. E che, gelosamente, custodiremo.
Andrea Ardizzone e Giuseppe Scuderi

martedì 19 maggio 2009

MOLTO PIU' BRAVI


Questo paramento murario ha quasi quattrocento anni, e sicuramente è uno dei più belli della nostra città. Per chi non se ne fosse accorto, è all'inizio di Via Toledo (quella che da dopo l'Unità d'Italia chiamiamo Corso Vittorio Emanuele), poco sotto Porta Nuova, e quando fu costruito, probabilmente su progetto dell'architetto del Senato Mariano Smiriglio, l'edificio era l'Ospedale Militare dedicato a San Giacomo. E gli scalpellini che lo realizzarono erano molto più bravi di quelli di oggu

(Giuseppe Scuderi)

martedì 12 maggio 2009

CHIEDE GIUSTIZIA

"Nino Agostino fu ucciso il 5 agosto 1989 a Villagrazia di Carini insieme alla giovane moglie che era incinta. Era un agente del commissariato San Lorenzo, ma in realtà avrebbe lavorato per i servizi segreti sotto copertura. Un suo collega infatti ha rivelato ai magistrati di una confidenza ricevuta da Agostino: "Mi confidò – ha detto – che collaborava con i servizi segreti per la cattura di Provenzano". I servizi segreti, interrogati in merito, hanno sempre negato. Tre anni fa però è stato fatto ricorso al segreto di Stato. La morte dell’agente Agostino è ancora avvolta dal mistero. Vi è un solo pentito che ha raccontato di questo omicidio, Oreste Pagano, il quale ha affermato: "Ero al matrimonio di Nicola Rizzuto, in Canada. C’era un rappresentante dei clan palermitani, Gaetano Scotto. Alfonso Caruana mi disse che aveva ucciso un poliziotto perché aveva scoperto i collegamenti fra le cosche ed alcuni componenti della questura. Anche la moglie sapeva, per questo morì" (notizie tratte da varie fonti internet)
Vincenzo Agostino, il padre dell’agente ucciso, ha promesso di non tagliarsi la barba fino a quando i killer di suo figlio non saranno assicurati alla giustizia.

E così, infatti, lo abbiamo fotografato il 18 aprile a Piazza Pretoria.
(Giuseppe Scuderi)

martedì 5 maggio 2009

SICILIANI ILLUSTRI


Lo scorso 29 aprile, al Teatro Politeama, il Centro Pio La Torre ha, per il ventisettesimo anno, ricordato il segretario regionale del Partito Comunista Italiano, ucciso dalla mafia il 30 aprile 1982 in Via Generale Turba.
Quest'anno lo ha fatto affidando a Vincenzo Consolo la scrittura di un "atto unico", che in un'ora ha raccontato, splendidamente e commoventemente, la vita di La Torre, la Sicilia dal dopoguerra ad oggi, la genesi della mafia attuale.
Concludendo, magistralmente, con una "anticitazione" del Gattopardo: che non i principi, i baroni, i feudatari furono i "nobili di Sicilia", ma i contadini, i sindacalisti, i militanti, le vittime. Questi i "nobili" da celebrare.
(Giuseppe Scuderi)