mercoledì 31 dicembre 2008

Se tutte le armi sparassero così

E' con questa ipotesi disperatamente augurale che per il terzo anno continuo a salutare l'anno che verrà. Purtroppo l'uomo nel nostro tempo, signore di ogni guerra, prosegue a mantenere i tratti di quello che Salvatore Quasimodo descrisse tanto efficacemente:" Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo. Eri nella carlinga, con le ali maligne, le meridiane di morte,- t’ho visto - dentro il carro di fuoco, alle forche, alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio, senza amore, senza Cristo".

Oggi, pietà per la Ghaza Strip.

l.f.

martedì 30 dicembre 2008

L'ORIGINE DELLA VITA

Sembra proprio "l'origine della Vita": è una delle sorgenti del Fiume Oreto. Speriamo che possa ridare vita ad una delle "peggiori" città d'Italia. Speriamo. Non costa nulla. Anche se non ci crediamo. Speriamo.
Buon anno a tutti i lettori e i redattori
Giuseppe Scuderi

Un pianoforte per il Colonnello. di Lucio Forte. Ultima parte.

I vecchi non muoiono, si addormentano e dormono troppo a lungo”. Jacques Brel.

L’ultima festa grande però fu quella che seguì al settembre 1958. Le “manovre” presso gli altri comandi svolte dal papà di Emilio avevano sortito un effetto impensabile. Don Pinì telefonò perché tutta la comitiva sapesse la notizia più bella: era stato promosso “Generale”.
Indimenticabile quel tiepido pomeriggio di fine estate. Tutti a coccolarcelo Lui Generale con le spalline d’oro, raggiante sotto la foto dell’eroe di El Alamein.

the scent of a woman

Un pomeriggio, mentre ci avvicinavamo al suo portone di casa per fargli visita, vedemmo uscire dal portone una ragazza vistosa che s’accompagnò ad un uomo che l’aspettava in strada. Nell’appartamento era rimasto un profumo pesante. Era quello il suo “scent of a woman”?

Quando gli esternammo le nostre preoccupazioni in merito, lui ci disse di stare tranquilli, bastava pagare e tutto andava a posto. Aggiunse che anche se qualche volta le ragazze le chiamava quando non aveva ancora riscosso la pensione quelle ben volentieri gli facevano credito.
Né finì di allarmarci.. “Se qualcuno dovesse tirar fuori il coltello ho anch’io la mia arma”. Da sotto il risvolto della vestaglia tirò fuori le “Due Palme”. “Ecco come mi difenderei: con l’arma migliore, la gentilezza. Nessuno rifiuterebbe una mia sigaretta. Smonterei così chiunque venisse qui a minacciarmi”.
Un pomeriggio di novembre 1958 premetti il pulsante del campanello ma la serratura non scattò. La signora dell’ammezzato uscì col cagnolino. I soliti tre ne approfittammo per entrare.
Sopra, la porta era accostata. Dentro, nessun suono tranne un rumore ripetitivo e meccanico. Il generale era accanto al giradischi sulla poltrona rivolta verso il cinemascope spento. A guardarlo di spalle, col capo reclinato a sinistra, pareva dormisse. Il rumore meccanico era del pick-up che, scavava solchi sempre più profondi nel vinile. Mozart, Sonata in do maggiore, Kochel 545.
Nella stanza un profumo greve e noto. Telefonammo al papà di Emilio. Quando osammo girare intorno alla poltrona, gli occhi di topazio bruciato non vedevano più, non si sollevarono verso di noi nel sorriso di Horowitz. La destra stringeva convulsamente un pacchetto di “Due Palme”. Il referto del medico legale parlò di arresto cardiaco. Nient’altro. Niente di più.
La questione la chiarì poi, in lacrime, Maria La Russa.
Lei e il suo compagno Gianni “u Pullu” i carabinieri li avevano individuati come gli ultimi ad aver visto vivo il Generale. Lo sfruttatore non aveva voluto sentir parlare di credito e aveva tirato fuori la pistola. “Ma niente gli aveva voluto fare…. Solo spaventarlo per farlo pagare subito. Poi u vicchiareddu si ntisi mali….”.
Più che l’assurda minaccia allora ci piacque pensare che fosse stato il rigetto di un gesto gentile, il rifiuto d’una sigaretta della pace, ad aver spezzato un cuore di galantuomo.
Nel salotto delle feste, sotto lo sguardo indifferente dei soldati con l’elmo e il “novantuno” a pied-arm – prima che la sua spoglia passasse sotto la croce di Santa Maria del Gesù ( foto in alto)– quella stessa notte gli mettemmo sotto il cuscino il 78 rpm tanto malridotto.

le note dell'Eroica

Il giorno appresso la banda dell’esercito non suonò ovviamente Mozart. Solo le note dell’Eroica avrebbero potuto levarsi – come avvenne – una volta che sul carro trainato da sei cavalli neri, e con la scorta d’onore in alta uniforme, il Generale avesse iniziato l’ultimo viaggio che avrebbe avuto fine nel camposanto dedicato alla Vergine Madre.
Lassù, sulle pendici del gran monte azzurro che da sud-est difende Palermo dallo scirocco, il Soldato del Gebel, di Nervesa e dei Laghi Ascianghi avrebbe dormito per l’eternità. Lassù, dove in ogni stagione i limoni, le “ trombe d’oro della solarità” squillano di tra il verde cupo del fogliame e il profumo delle zagare bianche.

lunedì 29 dicembre 2008

Un pianoforte per il colonello (3)

di lucio forte

Do you smile to tempt a lover, Monna Lisa, or is this your way to hide a broken heart… ?”. Così chiedeva del mistico sorriso d’una antica madonna la voce di Nat “King” Cole intrisa di amata negritudine. Quei versi e la musica erano arcanamente suasivi per quanti di noi si tenevano per mano sotto lo sguardo tempestosamente fiero del giovane Duca D’Aosta incorniciato insieme con dedica sbiadita. Magica primavera quella del 1957.
Ci aveva permesso ancora di a ballare da lui e le cose le faceva in grande. Da non precisata “sala da tè” un cameriere con giacca bianca e spalline azzurre aveva portato vassoi di paste e bottiglie di liquore. Su un mobile dagli sportelli a vetri, diverse scatole delle sigarette predilette: “Due Palme” senza filtro.
Avevamo promesso di fare le cose “a modino e di non trasformare la casa in un bordello”. Così fu. Però ballavano stretti mentre il colonnello in poltrona, col papillon e la giacca blu da Circolo Ufficiali, amabilmente conversava.

Tre minuti d'estasi.

Il grammofono andava e le puntine inservibili riempivano il portacenere di cristallo. C’era sempre qualcuno che si curava di cambiare i dischi. Ognuno tre minuti per avvicinarsi all’estasi in un sudaticcio accostamento di guance roventi. Ogni tanto qualche brano veloce, necessario alle invidiate esibizioni dei danzatori più teneramente esibizionisti. Per il resto, mille volte, Unchained Melody; My Dream; Stardust; When I fall in Love (it will be forever) e l'immancabile Just walking in the rain.
Quando non ballavamo ci sedevamo preferibilmente per terra. Faceva tanto Dean o Brando. Fasciati dei jeans incartonati comprati al vecchio Suk al Hattarin, a via Lattarini. Ascoltavamo le nostre canzoni. Qualcuno di quelli bravi metteva insieme, i testi in inglese. Li imparavano a memoria. Per sussurrarle ballando alle nostre compagne di ballo. Estremo tentativo d’ammaliamento per i meno fortunati.
Le “Due Palme” finivano in cenere con la rapidità d’un incendio e il colonnello una volta ci avvisò che se avessimo continuato a fumare tanto, lui le sigarette non ce le avrebbe più offerte. Fu così che cominciarono a circolare Mentolo, Giubeck con filtro. Muratti ( v. nella foto, la scatola in metallo ormai reperibile solo nel modernariato) e le favolose Laurens, “bionde” di contrabbando sottratte ai padri. Quelli con potestà sulle ragazze– ma perché? – erano “i vaschi”.

Profumo di donna

Di bevande alcoliche non abusammo. Solo una volta dovemmo accompagnare in carrozza – lo “gnuri” volle pagamento anticipato – fin davanti ad uno esterrefatto padre generale del Genio il nostro King che declamava le “osterie” più laide. Col passare dei mesi entrammo ancora più in confidenza con Don Pinì. Una volta qualcuno giunse a chiedergli, pur sommessamente, come se la passasse a donne. Una sua risposta determinò in noi una spiacevole sensazione. Suppergiù disse che quando ne aveva bisogno telefonava alla tea room, la casa da tè, che inviava “suo personale”. Aggiunse, poi, che gli bastava potere respirare ancora l’odore di una donna – le altre parole le ricordo bene – “l’inconfondibile e insostituibile aroma che mi emoziona fino al deliquio”. Dannunziano ma efficace. Però non ci piacque l’idea che in quella casa potessero entrare liberamente donne estranee e pericolose per quel vecchietto dalle incredibili voglie.
( continua)

domenica 28 dicembre 2008

Un pianoforte per il Colonnello (2)

di lucio forte

Nato nel 1879, il colonnello era giunto alla soglia dei nostri anni “sessanta” attraversando una guerra dopo l’altra.
Ripeteva il suo dispiacere di non essersi guadagnato, tra le altre decorazioni, anche la croce di Cavaliere di Vittorio Veneto. Quella dei ragazzi del novantanove, volontari e non, che si erano lanciati contro i reticolati e le granate di Francesco Giuseppe ed erano sopravvissuti pure col corpo trafitto da mille minute schegge di “shrapnel”.
Aveva la soddisfazione, però, d’avere partecipato nientemeno che alla repressione della rivolta dei “Boxer”, in Cina. Nel 1900 aveva ventuno anni. Così avevano avuto inizio i suoi trionfali ingressi da vincitore.
E il “cursus” proseguì. A Losanna, nel 1912, quando la Libia fu riconosciuta italiana. Nel 1918, nelle “terre redente”, dopo lo sfondamento di Vittorio Veneto. Nel 1936, quando cavalcò a qualche metro dal bianco destriero di Badoglio.
Aveva abbondantemente superato i cinquanta, allora, ed era già colonnello. Ma in Spagna fece in modo di non andare. Avrebbe avuto frequentazioni che non gli sarebbero piaciute. Forse fu proprio lì che s’arenò il suo grado di colonnello. Infatti, quando nel cielo dell’Impero batté “l’ora fatale”, non lo mandarono né a spezzare reni in Grecia né ad annegare nella neve e nella fame con l’ARMIR.
le carezze delle donne belle

Moglie e famiglia non ne ebbe; anche se non smise mai di cercare e trovare, per mercede e non, “le carezze delle donne belle”. Diceva che s’era sposato con la Patria. Moglie ingrata che lo aveva ricompensato a calci in culo (sic.). Non gli conoscemmo alcun parente. A quel tempo aveva cura di lui una governante che da tempo aveva superato anche l’età delle voglie anomale.
Ci invitava spesso ad ascoltare i dischi. Aveva registrazioni già allora introvabili. E poggiava con cura religiosa i dischi sul piatto di quello che continuava a chiamare il fonografo: un moderno giradischi, alloggiato in cima alle listerelle di specchio che foderavano il mobile-bar.
Una volta dissertò che se gli avessero promesso che dall’Altra Parte avrebbe potuto ascoltare Albeniz, al modo di Rubinstein, o Mozart come lo interpretava Clara Haskil, avrebbe accettato con molta più serenità la “necessità dell’ultimo scontro”. La sonata K 545 di Mozart, sarebbe stata la felicità estrema.
Ma a noi ragazzi della comitiva, è ovvio, il Colonnello andava a genio anche per altri motivi: l’arena d’estate (nella foto l'antica arena Trianon) e i sabati del ballo nelle altre stagioni.
Durò quasi due anni l’inconsueto sodalizio. E molti dei film che una desolante tv continua a passarci li vedemmo proprio da uno dei due balconi di quel magico appartamento pieno di trofei, gagliardetti e fotografie con dedica.
gioventù bruciata

Né il colonnello cessò mai di sottolineare il significato e il valore etico – quando li scopriva – dei film cui assistevamo.
Memorabile “Rebel without a cause”, di Nicolas Ray, più noto come “Gioventù bruciata”. Quelle struggenti drammatiche ore di spettacolo durarono un attimo e una vita per i ragazzi che eravamo. Indimenticabile l’Amico che scrutava col binocolo i seni acerbi di Nathalie Wood. Come i suoi commenti sulla madre isterica e sul padre vinto tra i quali si muoveva, la tragica figura di James Dean. Non smise di invitarci a vivere con un carattere forte. “Sarebbe bastato che quel padre ignavo avesse avuto la forza di togliersi il suo miserabile grembiule.” Non ci sarebbe stata la corsa verso la morte di quei ragazzi su quattro ruote rubate e da abbandonare prima dell’ultimo precipizio.
(continua)

sabato 27 dicembre 2008

Un pianoforte per il Colonnello


di Lucio Forte.




Sontuose,le note zampillavano sul velluto d’una tarda sera d’estate. Nel profumo estenuante delle “pomelie” la musica rendeva omaggio alla terra di Spagna attraverso l’arte d’un immenso interprete d’emozioni affidate al pentagramma. Né i rari passanti dovevano sapere alcunché di Isaac Albeniz e della sua “Navarra” incisa nei solchi di un 78 giri archeologico: 1928, Arthur Rubinstein al pianoforte. Ovvero come perdersi nell’evocazione di sogni e atmosfere irrecuperabili.
E, fino a qualche mese prima di quel mitico 1957, nulla ne sapevamo anche noi ragazzi che non casualmente quella sera eravamo sotto le robinie di via Galilei. Ma a quel momento era diverso.
Un amico speciale
Avevamo un nuovo amico speciale, anziano e finissimo musicologo. Ci aveva fatto ascoltare con rispetto impensabile sconfinate armonie. La musica di quella sera diceva anche che lui era là, in casa, al buio, davanti al balcone del secondo piano spalancato dritto sul cinemascope di una delle ultime arene di città.
Emilio ed io, sedici anni, figli di ufficiali dell’esercito di stanza nel capoluogo, aspettavamo “King”, altro inseparabile dai capelli rossi che possedeva appunto una invidiatissima raccolta di tutti i dischi di Nat King Cole. Quando fummo in tre, salimmo fino alla porta che ci fu aperta dal Colonnello in persona.
La nobile figura
La nobile figura di ottuagenario rispondeva al nome di Giuseppe Antonio Mendolia dell’antica famiglia Almeyda. Per i vecchi e dileguati amici solo Pinì. A descriverlo fisicamente basterebbe guardare una foto di Horowitz sul palcoscenico del suo ultimo concerto al Conservatorio di Mosca. Alto, quasi fragile, il volto magro sotto gli ancora abbondanti capelli grigi. Le spalle un po’ curve. Il papillon nelle occasioni speciali e un sorriso inaspettatamente mite per un militare dal passato leggendario. Lo avevamo conosciuto tramite il padre di Emilio al quale il Colonnello s’era rivolto per problemi di “gerarchia” non precisati. Ci aveva presto conquistati . E il numero di giovani ammiratori era andato crescendo. Ragazzi e ragazze, tutti avvisati di non chiedere all’amabile signore perché mai non fosse diventato generale. Così non vedemmo, almeno per nostra sollecitazione, quei mobili occhietti, neri come il topazio bruciato, sprizzare scintille d’odio a certe considerazioni in merito.

(continua)

venerdì 26 dicembre 2008

le morti bianche che fanno nerissimo il nostro mercato del lavoro.

Alle morti bianche... a tutti quelli che lavorando per vivere sono invece morti di lavoroIn questi giorni di festa, un piccolo gesto, un semplice pensiero per ricordarci di loro

... perchè il sacrificio delle loro vite non sia stato vano... a che altre vite non abbiano a spezzarsi ancora... affinchè il loro ricordo non appassisca come questa rosa... perchè non si può morire di lavoro



Angelo Trapani


la costa sfregiata

Via Messina Marine. si commenta da sè.

giovedì 25 dicembre 2008

Albero di Natale (?) al Garraffello.


In divenire o è tutto qui ?
(l.f.)

mercoledì 24 dicembre 2008

Per non dimenticare la guerra...

... nemmeno sotto le cosiddette grandi feste.
Che sono grandi per quelli cui sono grandi e sono feste per quelli cui sono davvero feste.
Gli altri... . Agli altri che che sono gli ultimi della terra - ne esistono tanti anche nei paesi G 8 - e che feste non hanno, nè grandi né piccole, possiamo solo inviare tutta la solidarietà e tutto l' affetto di chi gestisce questo Blog.
E' poco ma è tutto quello che abbiamo a disposizione.
lucio forte

martedì 23 dicembre 2008

Sud, nui simme curte e nire, e faticammo a faticà...


ROMA - A fine 2007 è salito dal 4,2% al 5,3% il numero delle famiglie che ha dichiarato di avere avuto nel corso dell'anno "momenti con insufficienti risorse per l'acquisto di cibo". Emerge dall'indagine dell'Istat sulla distribuzione del reddito e le condizioni di vita in Italia. Sale invece dal 14,6 al 15,4% il numero delle famiglie che ha dichiarato di arrivare con molta difficoltà alla fine del mese. L'istituto statistico rileva "segnali di disagio particolarmente marcati" al Sud e nelle isole, ed in particolare in Sicilia dove sale al 10,1% il numero di famiglie con problemi di risorse per il cibo. Dati che presumibilmente in futuro sono destinati a peggiorare per l'aggravarsi della crisi nel corso del 2008.
(dal sito web de La Repubblica)

lunedì 22 dicembre 2008

domenica 21 dicembre 2008

Il Teatro Vittorio.

Nel budello d'ombra e silenzio di via Frangiai, al Garraffello, non si sono più riaperti - "da una vita" mi ha detto l'unico venditore di frutta che la domenica apre banco a via Argenteria Vecchia - i battenti del relativo Teatro dei Paladini. Una sala da intrattenimento per turisti e per i superstiti abitanti della Vucciria e intestato al sovrano che certo con migliore fortuna dette il nome all'antico Cassaro.

sabato 20 dicembre 2008

! ! ! oppure ? ? ?

Visto il 19 dicembre 2008 in via messina-marine.

venerdì 19 dicembre 2008

un monumento

Come scrissi in occasione di una mostra sulla Vucciria, il mercato dove alla fine è successo pure che si sono tragicamente asciugate le tradizionalmente inasciugabili basole, i primi 5 mesi del 1943 li trascorsi con i miei tra casa e ricovero antiaereo. Nel ventre di Palermo dove la gente pregava che il sibilo delle dirompenti e degli spezzoni incendiari si spegnesse il più lontano possibile.
Anche questi due cari concittadini avranno, quell'anno, sentito gli stessi sibili ed esplosioni più o meno lontane. C'erano sicuramente allora e per fortuna sono ancora qui, con il personale augurio che in città ci rimangano tanti altri anni ancora.
E con loro resta anche il gigantesco rudere della mia foto. Chissà se a qualcuno "autorevole" un giorno verrà in mente l'idea di far divenire quei tragici resti ufficialmente un monumento alla "città mutilata", così come venne appunto chiamata Palermo quando sullo stendardo comunale fu appuntata la relativa medaglia d'oro. Chissà, davvero, se a qualcuno di "quelli che possono" potrà venire in mente un'idea del genere.

Chissà...

lucio forte

giovedì 18 dicembre 2008

SEMPRE SULLE ROVINE

Ancora una volta, con l’articolo “Le rovine di Palermo. Il fascino perverso della città dantesca” si parla di Palermo e le sue rovine. Ancora una volta si scrive che “il romanzo lampedusiano rende le rovine esteticamente vive e immortali”. Lo so. In mezzo a quelle rovine, quasi, vivo dal 1965, tra Capo e Ballarò. So quanto siano in realtà “mortali”, assassine. So quante vite sono state modificate, piegate, contorte e anche distrutte da chi ha la responsabilità di farle essere ancora lì, ancor prima dei bombardamenti della guerra (le prime ipotesi sul risanamento di Palermo sono postunitarie). E non penso alla morte fisica, ma al diritto negato a chi vi abita di non avere attorno macerie, puzza, topi, di avere invece strade pulite, aria, luce, voglia di vivere, insomma. So quanto “fascino” queste rovine esercitino ancora sugli abitanti di “fuori le mura” che vengono nel Centro storico alla ricerca del marmo mischio, dell’insegna liberty del panificio. So quanto invece abbiano generato nelle quotidiane storie di grande e piccola criminalità, nello sfruttamento “locativo” della immigrazione, nella coesione nella emarginazione (unica chiave di lettura per la recente vicenda dei due ragazzi morti scappando dalla polizia o per l’omertà nelle vicende di pedofilia all’Albergheria di qualche anno fa). So quanto “business” vi sia nelle ristrutturazioni (“lussuosi appartamenti parquettati termoautonomi…”), so quanti luoghi, edifici, avrebbero potuto essere utili a far crescere meglio più generazioni di cittadini, anziché rimanere scheletri opprimenti nell’attesa di un “interesse” (l’albergo, il museo, ecc.). Se anziché scrivere delle “rovine” del Centro storico si parlasse dei suoi 21.489 abitanti (praticamente vuoto, censimento del 2001, fonte sito del Comune di Palermo), se anziché camminare guardando indietro, all’epopea dei Florio, a Palermo capitale del Liberty, si guardasse avanti, sarebbe già una conquista.
(Giuseppe Scuderi)

Autentiche rovine di guerra.

Sotto un riflettore o sotto la luna la situazione non cambia. Palazzo Bonagia, via Alloro, particolare.

martedì 16 dicembre 2008

La Chimica Arenella fu ed è.

Sono ormai decenni che il complesso chimico Liberty dell'Arenella aspetta il restauro o il riuso dei suoi capannoni d'archeologia industriale. Per quanto concerne il rudere che ho fotografato poco tempo fa, le cose pare siano rimaste allo statu quo ante. In ogni caso avrei tanto piacere di essere smentito su questo particolare , magari con una foto che ne mostri il recupero filologico o giù di lì.
lucio forte

lunedì 15 dicembre 2008

RESISTE


E' ancora lì. Non lo credevamo possibile, pensavamo che dopo due o tre notti sarebbe sparito, se non per dolo di chi non lo condivideva forse per utilità di qualcuno, che come i possibili baraccati del Ponte Ammiraglio, di quei tre metri quadri di tela plastificata avrebbe potuto farne una coperta.
E invece è ancora lì dal 26 novembre, resistendo anche alle folate di vento che, virulente, si lanciano verso il Piano di Sant'Onofrio. Forse, speriamo, la richiesta del giardino pubblico nell'area Quaroni è piaciuta ai residenti e a chi vi passa, ed il nostro striscione-manifesto ancora "parla" a chi vi passa, per chiedere un po' di verde in Via Maqueda. Speriamo (non costa nulla)
(Giuseppe Scuderi)

Ponte Ammiraglio, Un particolare.

Il ponte dell'Ammiraglio, in corso dei Mille, a Palermo non c'è chi non lo conosca. E anche oltre lo Stretto non mancano certamente quanti ne hanno considerato la storica importanza alla stregua di un celebre dipinto di Guttuso, appunto "la Battaglia di Ponte Ammiraglio" combattuta all'arma bianca dalle camicie rosse garibaldine contro la guarnigione borbonica e prima che esse prendessero definitivamente possesso della Città.
Ieri ho avuto modo di fotografarlo ancora una volta quel ponte e di trasferire sul sensore digitale molti particolari del maestoso e bellissimo manufatto. Ivi compresa una delle arcate più piccole tappata alla bell'e meglio con lamiera ondulata rinforzata da una rete da letto. Sicuramente un doppio sfregio all'opera d'arte e al sangue su di esso versato generosamente nel 1860. Insomma, potrebbe essersi ripetuto il caso del quale la stampa ha dato notizia di recente, sottolineando lo smantellamento provvisorio di simili strutture abusivamente opposte e l'affumicamento di parte delle storiche pietre - giustamente anch'esso inammissibile - per via di falò accesi da qualcuno che, precariamente alloggiato sotto uno di quegli archi, aveva in quel modo pensato di difendersi dal freddo della notte. Certo un gesto sconsiderato ma anche disperato considerato il fatto che nessun essere umano nel rispetto della sua stessa dignità dovrebbe ritrovarsi costretto a usufruire di una tale "casa". Però mi tocca aggiungere che, se per l'amore che da quasi settanta anni nutro per Palermo quell'anomala utilizzazione del Ponte è inaccettabile, altrettanto inaccettabile e inammissibile voglio considerare che nella Palermo che viene rappresentata nel G 8 globale debbano ancora esistere persone, esseri umani, magari insieme a bambini, costretti dalla vita ad utilizzare a quel modo le arcate del ponte. Spero davvero e di cuore che quelle lamiere che tappano anche altri archi minori del Ponte siano solo i resti di ripari precari ormai abbandonati.
Caso in cui sarebbe giusto e opportuno rimuoverli da parte di chi ne ha dovere e competenza. Ma ribadisco che ancora più triste, dolorosa e vergognosa sarebbe l'eventualità che a quel modo qualche essere umano potesse essere stato ancora costretto a vivere, nel solco di una storica battaglia vinta e di una contemporanea inaccettabilmente perduta.
lucio forte

domenica 14 dicembre 2008

nell'inverno nel nostro scontento

Nella desolata banlieue invernale anche un semplice cavo può smettere di essere soltanto un filo elettrico.

sabato 13 dicembre 2008

Oltre le Feste e fra gli Alberi

(...una foresta penetrata da una luminosità tiepida )

di Augusta Modica

“…..Ha cercato di scaldarsi! - diceva la gente; ma nessuno sapeva le belle cose che lei aveva visto, e in quanto splendore………era entrata nella gioia dell’anno nuovo! "
Da “La bambina dei fiammiferi” –di H.C.Andersen


L’abete, altissimo, sul prato di fronte la casa sembrava a disagio, così coperto di luci; un vecchio burbero infiocchettato da un nipotino burlone.
Il vento agitava i lunghi rami e, come infastidito, l’albero cercava di scrollarsi palline colorate e fili d’argento.

L’odore caldo e greve

All’aperto finalmente! Non avrebbe potuto sopportare più, anche per pochi secondi, l’aria maleodorante e viziata nel salone rimbombante di voci, la musica ad altissimo volume e l’odore caldo e greve delle vivande sulla sontuosa tovaglia a festoni, macchiata di vino, con i bicchieri sparsi alla rinfusa e i piatti ammucchiati, con i mozziconi schiacciati sui rimasugli di tacchino, dolci appiccicosi e innumerevoli fette di panettone mangiucchiate.
La cera calda, profumata alla verbena, scivolava lungo le candele accese nei massicci candelabri d’argento, per cercare di mitigare il puzzo penetrante di sigari e sigarette.
Era riuscita a sgattaiolare, strisciando lungo le pareti, con una bottiglia di cognac, ghermita eludendo la soffocante sorveglianza degli amici.

Il freddo pungente

Non avvertiva il freddo pungente, soltanto un pizzicore sulla pelle nuda e le parole; poche, martellanti, sempre le stesse nelle orecchie:”…..come se fossi partito,non ci sono…ho una storia…non so come finirà…non ti prometto niente…”
Per interrompere il flusso monotono, ripetitivo, incessante delle frasi che si inseguivano in lenti cerchi concentrici, tracannò dalla bottiglia lunghe sorsate di liquore fino a farsi lacrimare gli occhi. Mentre si asciugava la bocca con la mano, un benefico calore sciolse dolcemente il dolore intorno alle tempie e, come quando si guardano le diapositive, il paesaggio invernale tutto intorno, fu sostituito da una foresta penetrata da una luminosità tiepida, punteggiata dal fresco rumore di acque risuonanti sulle pietre dei torrenti e sentieri montani che si allungavano pigramente davanti a loro. La risata di lui arrivò, confortante, lo vide scuotere il capo accarezzandosi i capelli per farle capire quanto inutilmente si fosse torturata e porgerle la mano per poi abbracciarla in modo rassicurante e definitivo.

Ha cercato di scaldarsi

La guardavano in cerchio impietositi; il lungo vestito leggero, inzuppato e aderente sulle gambe, un piede privo della scarpa di raso grigio, caduta poco più avanti, la guancia destra poggiata sulla neve dura, la mano accostata al corpo, stretta sul collo della bottiglia capovolta, dove c’era ancora un poco di liquore, e gli occhi ostinatamente chiusi.
Ha cercato di scaldarsi, dissero, e nessuno di loro seppe quanto era stata felice e tutto quello che aveva visto negli ultimi istanti.

(ph. lucio forte, scattata a Bielsko Biala ,Polonia.)

venerdì 12 dicembre 2008

mercoledì 10 dicembre 2008

Fiammiferi ?

di Augusta Modica

(Era arrivata alla piazza con le alte palme... ph.lucio forte)

Freddo! Camminava svelta lungo il viale alberato e con le punte degli stivali di camoscio verde spostava le foglie giallo oro cadute dagli alberi splendenti di piccole luci. Il Comune aveva semplicemente illuminato gli alberi e quella semplicità le piaceva in questo Natale che, dopo tanto tempo, riusciva a suscitarle un poco di gioia. Lungo il marciapiede, al semaforo, attraversò lo scivolo molto scomodo da percorrere per le sedie a rotelle delle persone disabili , provò una fitta di dolore ricordando il padre paralizzato e come era faticoso trascinarlo arrivati in quel punto. Sorrise al ricordo di come era contento e come si sentiva al sicuro il padre nelle lunghe passeggiate in quel viale. Si domandò per la centesima volta se veramente avesse fatto tutto per lui e, nella mente, risuonarono le parole beffarde della sorella che le avevano fatto male nell’indifferenza generale:”…..invasiva, esaltata…..tutto quello che fai per papà, lo fai non per lui ma per sentirti importante……” .
L'ondata cupa.
Scacciò con forza quei pensieri prima che l’ondata cupa la travolgesse e accelerò il passo pensando ai preparativi per la festa che aveva organizzata . Da quando i genitori se ne erano andati e suo figlio lavorava all’estero, non aveva più decorato un albero di Natale o ornato la casa in nessun modo, ma oggi qualcosa era cambiata. Rami di abete con nastri dorati annodati tra gli aghi erano, non a casa, no! Ma sul balcone piantati nei vasi e mossi dal vento. Agrifoglio e stelle di Natale, di un rosso cupo, rallegravano il salotto e sulla porta d’ingresso aveva “creato” un arco di verde con rami e pungitopo.Questi preparativi le avevano suscitato quella voglia di giocare, quei sorrisi, quel desiderio di organizzare che costituivano l’essenza dei momenti belli, preziosamente significativi nella sua vita.
Era arrivata alla piazza con le alte palme e una statua al centro, un vecchio signore bonario con i baffoni, lo sguardo le scivolò su un grande portone di legno di un palazzo d’epoca. Quanto tempo era passato ! Le sembrò che il portone si schiudesse e accelerò il passo, sbirciando come poteva alle sue spalle, ma uscì soltanto una vecchia con dei pacchi nelle mani, barcollando per il peso, ora era più avanti , davanti una vetrina dove erano allineati in bell’ordine:abitini, bambole, giocattoli e anche una culla, degna di una principessina, tutta avvolta nei veli, con fiocchi rosa sulle sponde. Si alzò in punta dei piedi perché le sembrava che sul cuscino posasse una testina bionda.
Il vento freddo.
Un vento freddo e pungente fece turbinare i lunghi lembi del suo cappotto e creò un contrasto profondo tra la vetrina calda e illuminata e la strada.
Rammentò la “fiammiferaia” di Andersen e , anche per lei, la vetrina si animò; nella culla c’era una bambina vera che agitava le manine e intorno una folla di gente festante. La mamma, elegante, con un trucco accurato, accoglieva con compiacenza i complimenti e le congratulazioni. La tavola apparecchiata alle loro spalle, già imbandita con piramidi di dolci e frutta al centro. L’enorme tacchino fumante sul massiccio piatto da portata, le ricordò l’oca minacciosa della fiaba che si alza dal vassoio con il forchettone piantato sulla schiena.
Aguzzò gli occhi e vide farsi avanti l’amata figura di lui, le spalle leggermente curve, i capelli bianchi, lunghi sulla nuca ed un sorriso che faceva fatica a farsi strada sul volto severo, in mano un astuccio aperto dove si vedeva luccicare un bracciale d’oro che la mamma si mise al polso, poggiando, poi, la mano sulla sponda della culla, facendola dondolare per calmare gli strilli della piccola, per un attimo si sentì partecipe di tutta quella allegria e.. presente. Volse il viso cercando lo sguardo di lui e si accorse di non esistere…per nessuno di loro!
Usciva dall'ombra.
Lentamente, usciva dall’ombra una figura che, integrata perfettamente nella scena, si avvicinava sicura. Quella presenza la respinse sulla strada, mentre le dita sfioravano il freddo cristallo della vetrina.
Ebbe paura e , rabbrividendo, si ritrovò, scioccamente, a guardare i bei giochi, le bambole, la culla. Domande le risuonavano nella mente: perché non avevano trascorso insieme questi anni, perché non era riuscita a rimanere nella sua vita? Scosse la testa, nulla poteva essere cambiato!
Cercò di ricondurre la mente alla festa organizzata, scacciò le lacrime che le salivano agli occhi e si rimise rapidamente in cammino, respirando a pieni polmoni l’aria frizzante e lasciandosi alle spalle quello che non era stato.

martedì 9 dicembre 2008

Dall'altra parte dello specchio

di Augusta Modica

(seconda e ultima parte)

Lei girò rapidamente dietro la poltrona per prendere la tazza e si chinò sulla testa di lui, baciando i morbidi capelli di un bianco caldo che brillavano alla luce della lampada, senza guardarla lui le prese la mano portandosela alle labbra. Con la tazzina vuota in mano uscì dalla stanza; dovette fermarsi un attimo perché era troppo, quasi doloroso il sollievo che provava ..libera, libera di invecchiare, libera di crescere, di vivere, sapendo che….era nella stanza accanto, dove lei poteva entrare. I loro passi risuonerebbero insieme, avrebbe raccontato, senza stancarsi, tutte le sue storie, i suoi pensieri.
Cercò di alleggerire le sensazioni quasi dolorose che andavano addensandosi nella sua mente, ricominciando a girare per la casa per vedere se tutto era a posto, in ordine perfetto.Il suo andare diventava sempre più veloce,c ome se un pensiero importuno stesse in agguato, cercando di oscurare…che cosa?
Si avviò con passo pesante per le scale e, improvvisamente stanca, si fermò sul pianerottolo. C’era un grande specchio sulla parete in ombra e la lucida superficie si agitò impercettibilmente come se fosse acqua, in quel movimento la sua figura si stagliò nello specchio, ma appena si guardò, cominciò a stemperarsi e a sciogliersi, mentre un vortice , ruotando all’interno, risucchiava: il grembiule con le trine, la camicia bianca,le scarpe di seta, facendone un groviglio. E..lei?
PASSATA DALL’ALTRA PARTE!
Si toccò il viso, la pelle liscia, le sue mani sfiorarono il maglioncino nero, si guardò le unghie smaltate di colore rosso cupo, sangue di piccione come il cuore del rubino, e un brivido freddo, ghiacciato le mozzò il fiato. Poggiò le mani, con le dita aperte, sulla superfice immobile dello specchio, guardò attraverso, strizzando gli occhi, mentre si scolorivano lentamente il salotto, il tavolo di Natale, l’albero e le foglie autunnali, tutte intorno sul pavimento, la grande porta dello studio socchiusa.
Quando tutto fu scomparso, rimase ancora con la guancia e l’orecchio, poggiati sullo specchio.
Il cuore vuoto, discese lentamente le scale. Lei non era questa! Con ancora l’odore dei dolci colorati nelle narici e la visione delle foglie vicino all’albero, scosse la testa.
NO,NO!Lei era “D’Altra Parte dello Specchio”!

lunedì 8 dicembre 2008

Attraverso lo specchio

di Augusta Modica



ATTRAVERSO LO SPECCHIO (parte 1)




Camminava a passi svelti per la casa, entrava in cucina dove il grande tavolo lucido di legno scuro si riempiva di vassoi e piatti colmi di pietanze fumanti e dolci colorati: le piaceva accomodare la frutta, lucidandone la buccia con un morbido panno di flanella, splendevano il rosso, l’arancione, il verde scuro e il verde chiaro uniti al giallo pallido dei cedri e delle limoncelle. Aveva adagiato i frutti a strati, alternandoli con foglie autunnali, dall’intatto oro rossiccio, e sfiorandole pensava che erano talmente belle da sembrare che prendessero, da sole, il posto giusto per armonizzarsi con la frutta nel cesto di vimini che aveva posato sul tavolo del” Natale “ nel salotto.
Piramidi di torrone e cioccolatini, marroni canditi, fichi e datteri, un enorme strudel di mele con sopra pezzettini di zucchero colorati, panettoni tagliati a fette con i grossi acini di uva passa, bottiglie, gaiamente alla rinfusa, di marsala, vino di mandorla, amaro alle erbe, vini pregiati e vecchi.
Anche l’albero con i suoi pacchi e pacchetti legati da bei nastri, le luci e la bella stella in cima, era stato decorato con grandi strati leggeri di carta argentata che scendevano, adagiandosi sul pavimento, dove sparse foglie secche riscaldavano e ammorbidivano la luce che invadeva allegramente la stanza.
Passava da una camera all’altra, dando colpettini ad un cuscino sul divano, tirando una tenda, spostando un vaso con i fiori….e esultanza e gioia la invadevano, piano piano come l’acqua che sale con l’alta marea. I suoi piedi, nelle comode scarpe di seta nera, si muovevano veloci sui tappeti leggermente logori. Gli odori che provenivano dalla cucina, la riempivano di letizia, perché tutto era proprio come aveva desiderato! Casa, casa, con la grande cucina, il salotto illuminato, i regali pronti e..tutto perfetto, lindo rassicurante. Lisciò le trine del grembiule e sistemò i polsi della camicia bianca, finalmente, finalmente non pensava alle rughe intorno agli occhi o ai rotoli di grasso intorno ai fianchi, era libera! Poteva cantare innaffiando le sue piante, passeggiare per la campagna, raccogliere la frutta dagli alberi e fare armonicamente parte del paesaggio.
Scelse con cura una bella tazzina di porcellana, quella che le piaceva di più, con i fiori squisitamente disegnati e il bordo d’argento, la toccava con grande precauzione, la riempì di caffè appena fatto e mescolò lentamente, con il cucchiaino, lo zucchero di canna preso dalla piccola zuccheriera dello stesso servizio, e le sembrò di scorgere un piglio di divertita impertinenza nei due manici sporgenti e il coperchio che aspettava di essere rimesso a posto. Si incamminò lentamente verso lo studio mentre il battito del suo cuore diventava più frequente, sorrise con tenerezza di se stessa e cercò di reprimere la gioia mentre spingeva con l’altra mano la pesante porta: Una tossettina secca l’accolse ma lei sapeva bene che era il suo modo di non fare capire che era contento di vederla, di sentirla avvicinarsi, e infatti finse indifferenza chinandosi sui fogli di carta e continuando a scrivere, aspettò che lei posasse con delicatezza il piattino con la tazzina sul tavolo; l’odore fragrante del caffè invase lo studio e allora non potè fare a meno di alzare gli occhi e non riuscì a trattenere un sorriso guardando quelli di lei, luminosi per la contentezza. Prese la tazzina e sorbì il liquido caldo e cremoso, mentre con l’altra mano giocherellava con la penna per fare capire che doveva rimettersi al lavoro al più presto, posò lentamente la tazzina sul piattino e inforcò gli occhiali, posati sul grosso libro dalla copertina di cuoio che stava consultando quando era entrata . ( continua).


Nel meridione di vive peggio che al centro nord

Non è certo una novità ma addolora sempre vederlo di persona ( nella mia foto si rovista ,letteralmente dentro i cassonetti, per riempire sacchi di rifiuti che a qualcuno serviranno) e leggerne sui giornali. Ad esempio su Italia Oggi che domani pubblicherà in merito un eloquente triste classifica del nostro male di vivere. In testa Siena ipervivibile, in coda Napoli , Enna , Agrigento. Cambiano i governi ma resta irrisolta l'attuale questione meridionale. Cadono le braccia. (lucio forte)

sabato 6 dicembre 2008

Ripescato un codice membranaceo dai fondali dove giaceva il Satiro Danzante





Ancora un eccezionale ritrovamento archeologico nel Canale di Sicilia.
Nella stessa zona in cui è stato rinvenuto il Satiro danzante, i pescatori di Mazara del Vallo, da una profondità di circa 400 metri, hanno tirato su con le reti un reperto membranaceo ( sopra, nella foto gentilmente inviataci dalla BCRS) costituito da resti di fogli pergamenacei assemblati a mo’ di codice, interamente e copiosamente impregnato del sale che in atto non permette di rindividuare cuciture o legature e di decifrare tracce di segni o di scritto. Ne ha dato notizia il direttore generale del Dipartimento Beni Culturali della Regione, Romeo Palma
“Considerato l’inusuale ritrovamento subacqueo di materiale organico – ha fatto anche sapere Palma - ed in particolare di materiale librario antico, il rinvenimento del codice in pergamena è da considerarsi un evento veramente eccezionale. L’eccezionalità del rinvenimento e l’assenza di concrezioni marine sul reperto fanno supporre inoltre che il codice si sia conservato in fondo al mare in un qualche contenitore (probabilmente in legno) con una imperfetta tenuta stagna, andato distrutto durante le operazioni di pesca.”
Attualmente il codice – ci ha detto il direttore della BCRS, Gaetano Gullo - si trova presso il Laboratorio di restauro di materiale librario di questa Biblioteca Centrale della Regione Siciliana cui è stato affidato dalla Soprintendenza per i Beni Culturali di Trapani alla quale i pescatori di Mazara del Vallo avevano consegnato il reperto.
I tecnici del Laboratorio di Restauro della Biblioteca hanno immediatamente approntato i primi interventi per proteggere il raro reperto e preservarlo dalle variazioni termo igrometriche in raccordo con la Soprintendenza del Mare della Sicilia alla quale compete la tutela dei beni archeologici subacquei.
Acquisito il parere del Consiglio regionale dei Beni Culturali, Romeo Palma ha autorizzato il trasferimento a Roma, ciò che avverrà al più presto, del prezioso reperto presso i laboratori altamente specializzati dell’Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
L’Istituto infatti è dotato di un microscopio elettronico a scansione (SEM) basato sull’interazione di un fascio di elettroni con il campione in esame. Il che dovrebbe permettere di rilevare l’anatomia microscopica delle superfici di campioni organici ed inorganici con un elevato potere di risoluzione. Il SEM permette di ricostruire una immagine dell’area scansionata dal pennello elettronico, basata sia sulla topografia della superficie sia sul numero atomico degli elementi chimici in esso presenti.
L’Istituto, ha concluso Gullo, ha già manifestato la disponibilità ad accogliere il reperto e fornire la consulenza e la collaborazione necessarie per pervenire quanto prima alla datazione del codice, avviare il suo studio ed individuare le procedure più idonee per la sua salvaguardia, conservazione, restauro ed esposizione museale.
Lucio Forte

giovedì 4 dicembre 2008

Ernesto Maria Ponte all'Agricantus

DOMANI venerdì 5 DICEMBRE ( A SEGUIRE SABATO 6 E DOMENICA 7) ALLE ORE 21.30

SPETTACOLO DI ERNESTO MARIA PONTE

"Ridicolo da quarantanni: Il meglio di..."

Posto unico numerato: intero 12,00 euro ridotto (CRAL. CARTA IDEANET E DIAMOND) 10,00 euro + diritti di prevendita.
Consigliata la prenotazione allo 091.309636

LO SPETTACOLO: Ponte è nato nel 1968. E così, in occasione dei suoi quarant'anni l'attore comico Ernesto Maria Ponte tenterà di raccontare il suo percorso artistico teatrale, dai primi passi agli ultimi successi.
Dai brani primordiali agli esilaranti pezzi degli spettacoli "Tutto il sesso in 90 minuti", "Il ponte mi sta stretto", V'intercetto a tutti, giocando ad incrociare la vita con la scena"etc. Pezzi di successo e di sicuro divertimento.
"In occasione del mio compleanno - dice Ernesto - si dica in giro che voglio fare io un regalo al pubblico che mi ha amato e seguito. E... ci sarà da ridere!"

mercoledì 3 dicembre 2008

Ancora sull'inquinamento a Palermo


E' notizia di stamattina la richiesta di rinvio a giudizio per il sindaco ed altri esponenti dell'amministrazione comunale per il superamento dei limiti di sostanze inquinanti a Palermo negli anni scorsi. Superamento che avviene regolarmente ancora oggi. E che la foto, fatta dopo una faticosa arrampicata sulle montagne sopra Altofonte, dimostra benissimo, con la linea della cappa di smog alla quota della "corona di monti", Pellegrino, Billiemi, Cuccio ecc.

(Giuseppe Scuderi)

Sarebbero vivi Stefano Maiorana e il padre


A Palermo, dal 3 agosto 2007, ufficialmente non dettero più notizie di se stessi l'imprenditore edile Antonio Maiorana, di 48 anni, e il figlio Stefano, di 23. Un manifesto raffigurante Stefano Maiorana ( nella foto di lucio forte, scattata in via 7 Aprile a Palermo) per alcuni giorni della scorsa estate è andato in giro per la città attaccato a un'automobile. A distanza di tutti questi mesi i Maiorana sarebbero stati visti e riconosciuti a Barcellona da turisti italiani. E ciò grazie alle immagini trasmesse da "Chi l'ha visto?" della Rai e da alcune foto diffuse da un settimanale. Alla testimonianza dei turisti sarebbero seguiti riscontri di investigatori italiani.
Del fatto ha dato notizia anche "Sicilia Informazioni.com" (da fonte Ansa) ; ed è da tale articolo di "Sicilia Informazioni" che abbiamo ricavato le informazioni di cui sopra.

Tratto da Sicilia Informazioni.com ( da fonte Ansa)

lunedì 1 dicembre 2008

EL PUEBLO UNIDO JAMA SERA VENCIDO

Questo l'inquinamento a Palermo l'anno scorso rispetto al resto d'Italia. Se non si leggesse la scritta, Palermo è la quartultima colonna, la più alta, la più inquinata d'Italia.

Il popolo unito mai sarà vinto, Lucio.
Un abbraccio, Giuseppe

l'effetto rebound delle targhe alterne

Purtroppo non posso dilungarmi sull'argomento. Per seri motivi di salute che forse vi comunicherò in seguito. Quanto all'effetto di cui al titolo ho purtroppo constatato di persona che dopo la nota astensione veicolare per ordinanza sindacale, nell'intera mattinata di sabato tutte le auto che non avevano circolato nei giorni precedenti si sono riversate in strada, dai più puzzolenti catorci a un miliardo di motorini. Conseguenza il caos totale. Per me, due ore è durato il tragitto da via De Gasperi a via degli Emiri. Due ore passate a respirare tutto il veleno e più di quello che non avevo inalato nei 5 gg precedenti. La stessa cosa, naturalmente, per il resto del nostro mondo automobilitico cittadino, piccino e privo di qualunque scappatoia alternativa per le note ragioni di sacco edilizio. Complimenti all'Amministazione, e tanti desolati saluti a questa e a tutte le altre giunte precedenti. (l.f.)